mercoledì 10 dicembre 2014

Ode alla famiglia imperfetta



Amo le famiglie imperfette! Ah quanto le amo! Vengo da generazioni di lavoratori in miniera e ne sono fiera. I miei nonni ed i nonni dei miei nonni hanno passato parte della loro vita a raccogliere zolfo a chissà quante centinaia di metri nella pancia della terra. Gente con le braccia forti, con la speranza in tasca e con un senso del dovere e dell'onestà, ai quale mi inchino sempre. Nonno Cola non sapeva nè leggere e manco scrivere, ma non credo che a lui tutto ciò servisse. Era un uomo pragmatico, dal quale ho ereditato la schiettezza e certi modi ruvidi, che non hanno filtri di fronte alle storture della vita. Nonno Raffaele aveva la terza elementare, ma disponeva di una cultura del cuore, che manco generali, prefetti e signorotti (da me conosciuti "umilmente" e formalmente solo per via della lunga gavetta giornalistica) potrebbero essergli pari. Che l'intelligenza, come diceva un mio caro prof. di filosofia, non la impari a suon di titoli e blasoni. Non te la dà la laurea, o i gradi, o i sissignore. L'intelligenza te la infila in testa Dio quando sei concepito e nessuno te la può togliere. Intelligente nasci e intelligente muori. Dicevo della mia famiglia imperfetta. Ne vado fiera e oggi ho quell'assaggio di maturità per rendermi conto di tante cose. Su tutte che i miei genitori mi hanno lasciata libera di sognare il mio avvenire. Non mi hanno pensata medico, o avvocato o notaio. Non mi hanno mai messo addosso alcuna ansia da prestazione. Io andavo bene com'ero: sia che prendessi bravissima nel tema di italiano, sia che portassi insufficiente, nella "recita" delle tabelline. Lo confesso, ho 34 anni e ho studiato un bel po', ma tuttora sulle tabelline sono claudicante, se, en passant, mi chiedete quanto fa 8x6 io inciampo, faccio due conti e poi vi rispondo. I numeri non fanno per me, suvvia.

Ho visto i miei genitori dirmi di no quando (avrò avuto quindici anni) ho chiesto loro il permesso di fare un piercing, un viaggio con le mie amiche e di avere in dono uno scooter. Mi hanno detto sì quando ho scelto di studiare in città, quando ho parlato dell'incerta strada giornalistica, quando ho lasciato la Sicilia con pochi soldi in tasca e loro in dote mi hanno dato un forte senso di responsabilità e la costante che potevo farcela anche da sola. Ho visto i miei genitori litigare, amarsi, far pace e litigare ancora. Non li ho mai visti perdersi in smancerie, ma ho letto nei loro occhi un bene profondo, lo stesso che oggi mi dà tanta fiducia nel domani. Non hanno mai cercato di domarsi a vicenda, anzi! Perseverano nei loro difetti e questo li rendi ancora più unici. La personalità è una dote da difendere, è un talento che non deve cedere al compromesso del "quieto vivere". Ho visto mia mamma trafelata di stanchezza certe domeniche mattina, dopo una settimana dietro lo sportello dell'ufficio postale. L'ho vista senza trucco e con i capelli per aria: bellissima! Vorrei diventare grande come è grande lei: una quercia, a cui il vento scompiglia i rami, senza mai farli cadere. Mio padre è un Woody Allen di casa nostra (gli assomiglia anche parecchio, ma lui non ne va fiero). Ciò che in lui detesto è quanto di più ci accomuna: siamo bizzarri, spiriti liberi, amanti dell'arte e delle cose da improvvisare. Detestiamo le persone giudicanti, le cose da fare "perchè sennò pare brutto" e la confusione (in generale). Percepiamo a pelle un abbraccio "quando non è sincero" e con nonchalance ce lo scrolliamo di dosso, senza patemi d'animo. Fosse per noi ridicolizzeremmo la falsità, ma non sempre questo è possibile. Ricordo quando mio padre mi ha accompagnata a far gli esami di stato e il primo esame all'università. Gongolava di fierezza. Ma ricordo anche che una volta, di fronte a una mia crisi studentesca mi disse: "se non ti va di continuare lascia pure perdere, puoi pure fare la commessa, va bene lo stesso, basta che ti decidi!". Mio padre non lo sa, ma quelle parole mi hanno fatta volare e mi hanno definitivamente tolto ogni dubbio su quel che volevo dal mio domani. Della mia grande famiglia imperfetta stimo il sapersi accettare, il non ambire a criteri e meccanismi, che anche volendo non potrebbero essere nostri. Solo una cosa mi spiace, il non poter aver dato a mia nonna Stella (che aveva in sè un pizzico di megalomania) la soddisfazione di vedermi andare avanti negli studi e prendere per mano una professione: era il suo sogno più grande. Dedico questa casella del calendario dell'Avvento alle famiglie imperfette come la mia, quelle perfette non mi interessano. Ne ho lambite alcune: avete presente donne perennemente cotonate, suadenti, dense di flemma pure di fronte a una teglia di cannelloni capitombolata sul divano di pelle bianca?Be', gente di quel tipo non mi ha mai convinta:  palazzi dagli intonaci regali, ma dalle fondamenta di burro!

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