giovedì 11 dicembre 2014

Buon Natale Pirata


Caro Marco,

questa casella dell'Avvento è dedicata a te. Sei sempre stato uno dei miei miti e poco mi importa se su di te si sia detto tutto e il suo contrario. Io in te ci credevo e ci credo ancora. Tu eri la mia favola sui pedali. Io con i miei tredici anni, tu, ventenne o poco più, con quella maglia della Carrera volavi sulle Dolomiti. Eri smilzo e quasi pelato, ma sapevi domare quelle cime, che quando le ho viste di persona mi hanno intimidita. Guardavo quelle tappe in un vecchio tv in bianco e nero, alle Serre. Quando scattavi il mio cuore partiva con te e mi portavi lontano: in quei posti alti dove puoi dare aria pura alla vita, dove pare che anche Dio, d'improvviso, possa fare capolino e farsi riconoscere perfino da noi comuni mortali. Il ciclismo è una mia passione: mi sa di imperfezione, di sacrificio, di salite, discese, cadute, traguardi e ripartite. E' uno sport intelligente, perchè ha un percorso, una traiettoria. E' una sorta di racconto, con i suoi eroi, gli ostacoli, gli aiutanti, l'oggetto del desiderio ed il lieto fine. E tu di quello sport facevi un'arte, in barba a chi ti vuole liquidare come quello "dopato". Caro Marco, i veri campioni, così come i grandi amori, li riconosci perchè hanno quell'attimo in più che la mente non afferra, che stordisce il cuore e le membra. E tu eri talento puro, perchè scattavi con le gambe, con la pancia, con la testa e con il cuore. Guardavi fisso un punto, che gli altri non scorgevano e poi e c'eravate solo tu, la vetta, la meta, il principio e la fine. Io voglio ricordarti così: fragile, come fragili sono le persone dalle intelligenze più robuste. Sottile, in quella linea che separava i tuoi mezzi sorrisi dai tuoi troppi pensieri. Eri un colosso, ma consistente quanto una foglia. E', vero, forse sarai inciampato, ma oggi su questo vorrei sorvolare. Ti ricordo come quel giorno in cui ti ho conosciuto, era il '99. Quel giro cambiò la tua vita. Partivi da Agrigento con il resto della carovana. Ti ho visto magro, pallido, pesante e fragile. Purtroppo il mondo, questo mondo, non è dei fragili. No, questo mondo è dei forti, di chi si barcamena tra la migliore offerta e il più improbabile tra gli offerenti. Quel giro d'Italia per te sembrò una giostra e non più una corsa a domar cime, a volare fino al cielo, a scattare con quel tuo cuore da pirata romagnolo. Qualche anno fa, a Roma, in tv, ho conosciuto tua madre. Aveva la tua bici e la tua bandana. Le strinsi la mano e un po' mi sono commossa. Toccai la tua bici e ripensai a quei batticuore, a quel campione smilzo, che incastrava giusto un paio di parole, quando i cronisti, nei tempi d'oro, lo incalzavano di domande. Tu rispondevi a tratti, con il piglio di chi ha la testa altrove. A te importava di pedalaere. Pensai alle salite della vita e che spuntarla spesso è un'impresa più grande di noi. Carezzai la tua bici e pensai ancora a quanto bello sia il ciclismo e a quanto mi piacerebbe un giorno, superare la paura dell'equilibrio, montare su e imparare ad andare in bicicletta.

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