mercoledì 3 dicembre 2014

La cena di Natale


Considerato che ieri vi ho frantumato i cosiddetti con le mie reminiscenze infantili sulla vigilia di Natale, le canzoncine, i nonnini e "tutto il resto appresso", oggi voglio essere più leggera. Vi parlerò di un libro che adoro. E' un testo molto pop, di quelli da "superclassifica", da leggere d'un fiato, sorridendo tra una riga e l'altra (che non si può mica sempre tartassarsi con "l'Ulisse" di Joyce). Il libro si intitola appunto "La cena di Natale" e lo ha scritto un simpatico giornalista  piemontese, che di nome fa Luca Bianchini (è lo stesso autore di "Io che amo solo te", il romanzo campione di vendite con i peperoncini in copertina).
La cena di Natale vi riconcilierà con tutti i Natale storti della vostra vita.
Avete presente quegli inviti che proprio non vi scendono giù, ma che, volenti o nolenti, dovete accettare?
Avete presente la signora spocchiosa, provinciale, riccona, bruttina ma riveduta e corretta da uno stuolo di make up e nail artist? Quella che ha il presepe Thun completo di 60 personaggi, l'abete canadese alto tre metri e mezzo, le tende Alviero Martini e le tovaglie Frette tutte rosse, con i fiocchetti scozzesi? Bene, lei è uno dei personaggi del romanzo e non poteva che fare la suocera. Da contraltare c'è una consuocera proletaria, vedova, affascinante, simpaticissima e tanto tanto imperfetta. Poi c'è don Mimì, cinquentenne panciuto, irresistibile e conteso. In mezzo una coppia di sposini sprovveduti, che, alle prese con il primo Natale nella "grande famiglia", è in bilico tra la sopravvivenza e la fuga. La cornice è Polignano, dove miracolosamente scendono chili di neve, che il mare inghiotte con avidità, così da non lasciarsi togliere la scena. E' un turbine di anatre all'arancia, tartare di tonno, millefoglie di tartufi e ogni ben di Dioo degno di un Carlo Cracco de noartri. L'atmosfera è quella rarefatta, che non è inconsueto respirare a Natale: ansia sottopelle (eccheppalle ritrovarmi a tavola con quella stronza, l'anno prossimo giuro che non ci ricasco), pseudo attacco di panico della sposina, mentre è alle prese con il brodo "senza dado", odio viscerale tra la suddetta e la di lei suocera e poi parenti serpenti, cognati morti di fame, indebitati per vestirsi da ricchi, anelli ultraglam spariti all'ultimo momento, mezzucci squallidi per avere la meglio sulle dinamiche familiari, storie che si incrociano, amori che si scollano, salvo poi rinsaldarsi un minuto dopo. "La cena di Natale" è una divertente parodia delle tante farse, a cui questo periodo, ahinoi, talvolta obbliga. Del resto chi non ha mai fatto una sonora litigata con il proprio marito sotto le feste? Chi non le ha mandate dietro a suocere, cognati e pronipoti? Dietro l'incedere apparentemente scontato del libro, c'è un messaggio che, ciascuno lettore, a suo modo, penso faccia proprio. Il Natale, al netto delle luci, dell'idea di felicità a tutti di costi e della voglia di perfezione, ha in sè un senso profondo di solitudine, di schiettezza, di difetto elevato alla quadrato di tutti i morbi familiari immaginabili. Non è un caso se le statistiche confermano che la maggior parte dei matrimoni naufragano definitivamente sotto le feste, che suocere e nuore si dicono addio per santo Stefano, che certi figli si smarcano dai genitori proprio nel mese di dicembre. E' dire che radice di questo ambaradan dovrebbe essere la nascita, povera e senza pretese, di un bambinello e da lì un messaggio universale di "pace, amore e bontà". (era il ritornello di una vecchia canzone del catechismo). Il libro, seppure lasci contenti, non si perde in un lieto fine che va da sè. Forse perchè di Natali perfetti non se ne festeggiano mai. O quasi! (La cena di Natale, Luca Bianchini, Mondadori editore - l'immagine utilizzata in questo post è stata scaricata da Google).

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