Sette anni fa come oggi entrava nella mia vita Dafne. Di lei
vi ho parlato molte volte. Dafne è la mia cagnolona, il mio labrador miele, con
il naso scolorito ed un carattere talmente simile al mio, nel bene e nel male,
che non potevo che scegliere lei. Uscivo dall’ospedale con il cuore in
frantumi. Io e Alessandro avevamo perso un bambino. “Un bambino? Era
precisamente un embrione”. Ci aveva redarguiti una dottoressa, come se, quel
dettaglio sarebbe bastato a rimarginare quella ferita piccola, ma che perdeva
gocce di sangue continue.
Andammo via e fu per caso che le nostre vite si incrociarono
con quella di Dafne.
L’abbiamo conosciuta a un impreciso civico di via Pitrè a
Palermo. In cielo c’erano tante nuvole, quante ne conteneva la mia anima.
Bussammo e, prima del padrone di casa, ci accolse un esercito di cagnolini.
Erano i fratellini di Dafne, tutti maschi, uno più bello dell’altro. Noi effettivamente
dovevamo adottare un maschietto. Così ci avevano consigliato gli esperti.
Niente seccature: calore, sterilizzazioni, gravidanze isteriche.
Dafne però era diversa dagli altri adorabili cagnolini. Se
ne stava per conto suo. Aveva sicuramente una dose di paura, che dissimulava a
perfezione, fingendo che noi non gli interessassimo. I fratellini, di contro,
facevano a gara per sedurci.
Uno di loro mi sciolse le scarpe e fu a quel punto che Dafne
si avvicinò. Mi leccò la gamba e tornò nel suo cantuccio, leggera, fiera,
timida.
La scelsi o forse, come sempre si dice in questi casi, lei
scelse me. Mi sembrò come quelle persone silenziose e di pregio, che dentro
hanno un mondo prezioso, ma spesso non fanno in tempo a regalarlo, perché la
gente, frettolosa di volere tutto e subito, non gliene dà la possibilità.
Attendemmo i tempi dello svezzamento e la portammo a casa.
Era il primo dicembre: il giorno in cui, di solito, inizia
il mese più bello dell’anno.
Viaggiammo in macchina tra i colli agrigentini: lei
addormentata tra le mie braccia, con la fiducia degli esseri buoni.
Ci innamorammo. Ed è questo il verbo giusto.
Diventammo compagne di cose che con gli uomini non si
potrebbero mai condividere.
L’amore a prescindere.
Il silenzio che comprende la mappa completa dei dolori.
La felicità perfetta.
La complicità assoluta che, è vero, si contempla solo tra
donne.
E non me ne vogliate se sono ridondante nell’uso degli
aggettivi.
Per Dafne ho provato un sentimento tanto particolare, che
capitavano giorni in cui dovevo abbracciarla forte, così da dividere un po’ di
quel bene che mi batteva nel petto.
Abbiamo visto insieme film strappalacrime, accoccolate sul
divano meglio di due sorelle.
Dafne mi ha fatto tanta buona compagnia: sia quando era sola,
sia quando avevo tanta gente intorno. E stare in buona compagnia è una cosa
importante.
Mi ha indicato la strada verso le persone buone e le giuste
deviazioni di fronte a chi buono non era.
Ho sofferto senza fine quando la operarono d’urgenza e io non
potevo che sperare. Quel giorno recitai tutte le preghiere che avevo imparato
nella mia vita, financo quelle più sparute, ripescate nei ricordi dei tempi
dell’asilo. Feci l’alfabeto dei santi e li invocai uno per uno. Non potevo
immaginare la mia vita senza di lei. Non sarei stata pronta. La spuntò ed ebbe
un modo tutto personale di essermi grata. A un certo punto abbiamo deciso di
metterle a fianco una compagna di vita. Ce lo suggerì il veterinario. Lei si
era talmente attaccata a me da non tollerare il mio minimo allontanamento. A
Natale di tre anni fa le abbiamo regalato una sorella. Palù, la sua sorellina
bruttina, furbetta, audace. Sono sorelle davvero, lo sono per parte di madre.
Il papà, Monet, è un labrador di velluto, bello come mai ne ho visti.
Palù e Dafne sono diverse, inscindibili e bellissime. Stanno sempre insieme. Sono una il respiro dell'altra. Per i cani non funziona come per gli uomini: una volta che li
metti a fianco non vogliono dividersi più. Vivono un legame robusto, schietto, carico di baruffe e di spropositati cenni d'amore. Da
allora le cose tra me e Dafne sono cambiate. Ci amiamo ancora, ma di un
sentimento diverso. Lei ha scelto di essere semplicemente un cane, un adorabile
cane: libero, spavaldo, un po’ ruffiano. Niente scorribande sul divano a vedere
film strappalacrime: si annoierebbe. Niente pomeriggi passati a lisciarle il
pelo a confidarle tutte le mie paturnie. Adesso gioca libera con Palù e
ruzzolano insieme, parlando il loro alfabeto, che io non decifro. Nel frattempo
io sono diventata mamma ed ho compreso che, per quanto bene potessi volere alla
mia Dafnona, quello per un figlio è un altro genere di sentimento.
A lei però devo parecchio. La discrezione che ha nei
confronti di Raffaele, già quando lui era nella mia pancia. Una discrezione che
mi è da insegnamento.
Le devo sorrisi. Tanti.
Le riconosco uno charme singolare. Era bellissima quando fece da damigella d'onore dal mio matrimonio. E che classe quando ci consegnò gli anelli.
A lei devo il coraggio di tante cose.
Su tutto quello preso in mano l’1 dicembre di sette
anni fa, quando con il cuore sanguinate, compresi che si doveva comunque andare
avanti…anche a partire da quel cucciolo riservato e con il cuore più grande tra
i tanti cuori che io ho finora conosciuto.
Questa prima casella del mio calendario dell’Avvento è per
te Dafne (cagnolona di grande qualità).
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