martedì 12 dicembre 2017

Santa Lucia e la pentola senza fondo di cuccìa. Un'altra casella del calendario dell'Avvento



Il giorno di santa Lucia è un giorno lungo.
 Non sarà corretto né per la grammatica, né per il senso comune, ma penso di poter affermare che il 13 dicembre, in Sicilia, inizi già il giorno prima e volendo anche quello prima ancora.
Santa Lucia…io la sua storia non la conosco benissimo. So dell’asinello, giusto perché a scuola ci facevano disegnare la santa in groppa a un “destriero” umile e cagionevole. So anche degli occhi strappati con la forza dall’innamorato pagano. Che la santa era di Siracusa, nobile e bella come del resto le altre vergini e martiri siciliane. Poco altro so, sebbene, una volta ebbi modo di ammirare la chiesa a lei dedicata nel cuore di Ortigia. Ero piccina e mi bastava lo stupore, che però è già una parte di conoscenza.
Santa Lucia per me è una serie di rituali.
Il pentolone senza fondo che mia nonna metteva su il pomeriggio del 12. Ci infilava dentro quanti più kg di grano quella pentola riuscisse a contenere. Il giorno dopo la nonna avrebbe distribuito la pietanza a quella che era una grande famiglia, allargata in ampiezza ed anche in profondità. Dicevo del grano, poi una manciata di ceci, quattro o cinque foglie di alloro e iniziava la festa. La nonna faceva il segno di croce e recitava sottovoce una preghiera, le cui parole non ho mai compreso, perché lei non me le ha mai volute svelare.
Io rimanevo a casa di nonna Tatà finché il piatto non era pronto. Potevano volerci ore, perché la cuccìa, se non la cuoci ben bene, rimane dura e ti salta sullo stomaco fino a Natale. Era bello il tempo dell’attesa: l’odore dolciastro che usciva dal pentolone e si installava in tutte le stanze della grande casa all’angolo. Che odore ha la cuccìa? Ha sentore di dolcezza, di cose che fanno stare al caldo, di famiglie unite e di sorrisi di bambini. È l’odore di cuccìa. Bello così, però, puoi sentirlo solo per santa Lucia.
Quando l’opera era pronta, nonna metteva sul tavolo una tovaglia cremisi, ricamata a intaglio (la ricordo, come se l’avessi davanti agli occhi proprio in questo momento). Due tazzoni fumanti di cuccìa, poco zucchero e un’idea di cannella. Era buonissima. L’aspettavo tutto l’anno e già al primo boccone, avvertivo tra i denti ed il cuore una delle dimensioni della felicità. Ero felice per un piatto di cuccìa, mangiato insieme a mia nonna, in una cucina per niente alla moda e con in sottofondo la musica dell’Almanacco o la vecchia sigla del Tg1. Ero felice. Sì, lo ero con esattezza. Ora che ci ripenso mi stringo tra le righe di quel ricordo e penso alla bellezza dell’essere felici quando si è piccini e si ha il privilegio dell’essere voluti bene con o senza merito. Quanto è facile a volte la felicità. Quanto privilegio nel ricordare.
Santa Lucia è anche un quadro malmesso, inquietante per via di quegli occhi celesti poggiati su un piatto d'oro. Nonna Stella lo teneva all’ingresso di casa (anche quella, una casa all’angolo). Non aveva riservato al quadro il posto d’onore in sala da pranzo, non per far torto alla santa, quanto perché chiunque, entrando, potesse vederla prima di qualsiasi altra cosa.
Mia nonna le era fedele. Di una fedeltà antica, meticolosa, salda. Aveva subìto più di un’intervento agli occhi ed era certa fosse tutto merito della vergine e martire, se i suoi occhi grigi, grandi, belli ma perennemente acciaccati, avessero conservato un barlume di vista.
Ancora oggi mi sforzo, a mio modo, di ripetere quei rituali di un tempo sì andato, ma comunque rimasto.
L’odore di cuccìa però non è mai uguale a quello del pentolone di nonna Tatà e la sola immagine della santa, che conservo in un cassetto, non somiglia per niente a quel quadro malmesso, all’ingresso di casa di nonna Stella.
Penso ai ricordi, al privilegio dell’essere sostanza delle cose grandi che abbiamo vissuto e di quelle che ancora vivremo.
Penso alla malinconia che è, a modo suo, una curva della felicità.
Dedico a questi pensieri e alla santa sul maldestro destriero questa casella del mio calendario dell'Avvento.
Buona santa Lucia

martedì 5 dicembre 2017

Al mio nonno non preferito...la mia casella del calendario dell'Avvento



Mio nonno Cocò fumava la pipa e sembrava un lupo di mare.

Baffi all’inglese, occhi neri come le notti di inverno, mandibola spigolosa. Era un uomo dall’aspetto importante: un metro e novanta distribuiti in un corpo robusto, che neppure la vecchiaia e i troppi malanni avevano reso pesante. Indossava sempre la giacca e il gilet, anche quando non usciva più di casa e le sue giornate cominciavano al mattino presto e pareva non dovessero finire più. Aveva un certo bon ton, una dote innata che nessuno gli aveva insegnato. Lui a scuola non c’era mai stato. Neppure per un giorno.

Se lo guardavi d’improvviso, faceva paura. Non perché fosse brutto o cattivo. Tutt’altro. Quanto per quel suo piglio ruvido, che arrivava sempre prima dei suoi pregi.

Rideva poco e con gli estranei non lo faceva quasi mai. Quando capitava, però, esplodeva in una risata fragorosa, di quelle lunghe e coinvolgenti, che mettono in moto tutti i muscoli del viso, ma ancor prima quello principale: il cuore. Se nonno Cocò rideva, non potevi che rincorrere la sua risata e arrivare, insieme a lui, a un paio di lacrime di felicità. Un istante appena, che però era bellissimo e del tutto immotivato.

domenica 3 dicembre 2017

Un Natale senza regali non è un vero Natale...continua il calendario dell'Avvento



“Un Natale senza regali non è un vero Natale”. Avevo nove anni quando lessi per la prima volta questa frase.

Non sapevo che quelle nove parole mi avrebbero, in qualche maniera, cambiato la vita.

Di Natale senza regali non ne avevo conosciuti. Ero una bimba fortunata ed ovviamente non ne avevo contezza. Quell’anno a mia madre venne in mente di regalarmi un libro. Me lo fece trovare sotto l’albero insieme a non so quale gioco (che, sicuramente, era l’oggetto del desiderio di quella mia parentesi d’infanzia).

Quel libro lo lessi d’un fiato. Una volta finito, però, provai una sensazione nuova: mi sentii sola. Maledettamente sola. Sentimento, questo, che non credo si addica (almeno non dovrebbe) a una bimba di nove anni.  Al contempo compresi una delle tante doti del buon leggere: il ritrovarsi nella migliore delle compagnie.

Decisi di rileggere il libro una seconda volta e vi scoprii, con mio stupore, cose nuove, taluni particolari che l’occhio e la mente, in prima battuta non avevano colto.

venerdì 1 dicembre 2017

Inizia il calendario dell'Avvento...oggi parlo di un essere di grande qualità


Sette anni fa come oggi entrava nella mia vita Dafne. Di lei vi ho parlato molte volte. Dafne è la mia cagnolona, il mio labrador miele, con il naso scolorito ed un carattere talmente simile al mio, nel bene e nel male, che non potevo che scegliere lei. Uscivo dall’ospedale con il cuore in frantumi. Io e Alessandro avevamo perso un bambino. “Un bambino? Era precisamente un embrione”. Ci aveva redarguiti una dottoressa, come se, quel dettaglio sarebbe bastato a rimarginare quella ferita piccola, ma che perdeva gocce di sangue continue.

Andammo via e fu per caso che le nostre vite si incrociarono con quella di Dafne.

L’abbiamo conosciuta a un impreciso civico di via Pitrè a Palermo. In cielo c’erano tante nuvole, quante ne conteneva la mia anima. Bussammo e, prima del padrone di casa, ci accolse un esercito di cagnolini. Erano i fratellini di Dafne, tutti maschi, uno più bello dell’altro. Noi effettivamente dovevamo adottare un maschietto. Così ci avevano consigliato gli esperti. Niente seccature: calore, sterilizzazioni, gravidanze isteriche.

mercoledì 1 novembre 2017

Il piatto dei morti e la felicità del due novembre




La festa dei morti, quando ero bambina, era la mia preferita. Lo era ancor più del Natale, che già allora mi metteva addosso un pezzetto di malinconia.

Quello per “chi è partito”, in Sicilia, è un culto buono, consolatorio, che profuma di storie antiche, di frutta Martorana, di zucchero sparso nell’aria, di foto antiche, di stupore di bimbi al risveglio del grande giorno. Perché il 2 novembre è (almeno un tempo lo era) un grande giorno. Nella notte tra Ognissanti e il 2 novembre, chi ha lasciato il sipario della vita, torna a calcare la scena. Lo fa per una notte appena, con la condizione di procedere in punta di piedi, di accennare qualcosa sottovoce e di spargere doni ai piccini, senza l’infertile condizione che questi siano stati buoni. Così almeno mi hanno insegnato da piccola. Fortuna che alcune delle cose, che impari nell'età più bella, le installi nello scaffale delle verità e lì restano per sempre.

venerdì 20 ottobre 2017

Tutte le mamme di Nove lune e mezza




Ci sono tutte le mamme possibili in “Nove lune e mezza”. Quando diciamo mamme, non parliamo solo di quelle biologiche, anzi! Nel film si muove un universo complesso, guarda caso declinato al femminile, dove il confine tra la gioia ed i suoi tanti opposti è sfumato e ben mediato da un’ottima porzione di comicità. C’è chi mamma lo è, chi vorrebbe esserlo, chi potrebbe ma non vuole, chi si è stancato di fare ancora figli. Una pellicola che, tra risate e qualche lacrima, racconta sogni, drammi e belle speranze di questo tempo. La maternità la fa da padrona e si interseca nelle vite di due sorelle, Livia - una Claudia Gerini tutta fascino, larghe vedute e voglia di libertà – e Tina – Michela Andreozzi – vigilessa né bella né brutta, eterna compagna, mai sposa, di Gianni (Lillo di Lillo e Greg), collega pressappochista e con una sola, insopportabile, passione: il calcio.

martedì 1 agosto 2017

Quelli del Google camp, il Menfishire e io tra i vigneti


Che succede quando un paesino di diecimila anime o poco più diventa il centro di un evento vip monumentale? Capita che in molti, in quel paesino, non ne sappiano neppure “parlare” e che si limitino a usare le parole chiave: Google, Madonna, Elton John, Baglio San Vincenzo. Questa è l’aria che si respira a Menfi alla vigilia della cena in una nota struttura ricettiva della zona. Quelli di Google camp hanno pensato di fare tappa anche nella zona più fertile (ed è il caso di dirlo) della provincia agrigentina. Menfi è un tempio della produttività: vini che ormai hanno scalato le vette internazionali, ulivi che danno vita alla Nocellara (dop) ed ancora agrumeti a perdita d’occhio.

domenica 16 luglio 2017

Vai con il primo bagno al mare!!!




Il primo bagno al mare del proprio bambino? La cosa più banale del mondo, non fosse che...
una volta arrivati in spiaggia, iniziano le mille e una domanda (siamo mamme e un "cicchinin" di apprensione è nel nostro dna):
1) E se l'acqua fosse troppo fredda?
2) E se non avesse ancora digerito?
3) E se dopo il bagno beccasse il raffreddore?
4) Quanto tempo può stare a mollo?
5) E se il sole lo ustionasse?

Vi racconto in breve il battesimo del mare del mio cucciolo.
Ho la fortuna di vivere in una città di mare. Non vi sono grandi spiagge, ma un bagnetto tranquillo, in condizioni di mare calmo e di arenile pulito si riesce a fare (quasi) sempre.
La prima volta di Raffaele è stata i primi di giugno, al lido Italo-Belga di Valdesi/Mondello. Suggerisco la struttura, perché ben attrezzata, con tutto quanto serve per i più piccoli (compreso bagno dedicato, munito di fasciatoio). Lì, il personale, indubbiamente gentile e sorridente, ci ha anche dato un attestato ricordo.


Per quanto riguarda le "precauzioni" da prendere, mi hanno aiutata due pediatri, gli ottimi Giuseppe Iacono ed Ettore Mascellino (ho pubblicato due loro interviste a tema sul sito www.professionegenitori.it).
Per prima cosa munirsi di crema solare baby a protezione totale. In aggiunta si possono acquistare degli stick dedicati alle zone più delicate: labbra  ed eventuali nei. Berrettino sempre a portata di mano e gita al mare o dalle 8 del mattino alle 10/10 e 30 o dopo le 17.00.
Con il mio cucciolo mi sono portata avanti, l'ho spalmato di crema già a casa (la consistenza delle cremine baby somiglia parecchio alla colla vinilica, per cui, se preferite, si può optare per un prodotto spray).


Una volta al mare, sempre seguendo i consigli dei pediatri, ho atteso un paio d'ore dalla pappa, prima di immergere il bimbo. Secondo i medici, un bimbo mette un'oretta e mezza a digerire, per cui il tempo ideale è quello (mezzora in più mi ha fatta stare più tranquilla, sapete com'è?:-)
Abbiamo fatto un paio di bagnetti veloci (così mi hanno suggerito i medici: bagnarli spesso ma per brevi periodi). Il mio bimbo ha un anno, ma la stessa regola vale anche per i più piccoli. Usare sempre il berrettino (io ho comprato a Raffaele una comodissima bandana Prenatal). Dopo il bagno Raffaele era visibilmente entusiasta ma anche stanco. L'ho messo sulla sabbia e via con lo spuntino (frutta fresca frullata - il dottore Iacono - che è anche gastroenterologo pediatrico -  mi ha dato l'ok per tutta la frutta di stagione, salvo l'anguria che potrebbe provocare ai piccini qualche problema intestinale). In spiaggia Raffaele si è divertito da matti: ha giocato con la sabbia ed ha gattonato tanto, alzandosi in piedi con molto più coraggio rispetto a quando gioca sul pavimento di casa.

In acqua il cucciolo era molto contento, ha anche giocato dentro un salvagente baby, comodo e che gli consente una dose di autonomia (ovviamente, che ve lo dico a fare, aveva puntati addosso attimo per attimo gli occhi di mamma e papà). Il mare, come dicono i pediatri, è un toccasana per tutti e per i piccini in particolare: l'aria ricca di iodio fa bene alla tiroide, al sistema immunitario e a quello respiratorio, a tonsille ed adenoidi. Il mare è un antistress naturale. I piccini si rilassano ed hanno spazio a sufficienza per impiegare il loro enorme quantitativo di energia. Quando impareranno a nuotare, avranno un alleato nello sviluppo armonico di colonna vertebrale (il nuoto previene la scoliosi e qualora questa fosse presente è un valido sostegno ad arginarla) e spalle. Tutti al mare quindi!

mercoledì 5 luglio 2017

La prima candelina di Raffaele


Da piccola avevo un grande rammarico: l'essere nata a luglio. Poco mi importava di festeggiare il compleanno in tempo di sole, vacanze e mare. La scuola era finita e quindi i miei compagnetti, ciascuno impegnato con la villeggiatura familiare, non erano in condizioni di festeggiare con me. Uno strazio. Ironia della sorte, Raffale, il mio bambino è nato anche lui a luglio. Oggi, però, le cose sono un po' diverse. Tra grest estivi, campus e ludoteche, si può festeggiare in felice compagnia in qualsiasi periodo dell'anno. Domenica scorsa, il mio piccino ha soffiato sulla sua prima candelina. Immaginerete l'emozione. Da mesi pensavo al grande giorno, probabilmente perché il primo anno di vita di un bimbo è un traguardo mai scontato. Vi racconto come abbiamo deciso di organizzare la festa di Raffaele.

 
Noi viviamo in una metropoli, Palermo, caldissima in estate, ma al contempo piena di scenari mozzafiato. Da lì la scelta di un locale, I Monaci (ristorante pizzeria), che si trova a Baida, una frazione a nord della città. Abbiamo conciliato il fresco della lieve altura ad un panorama con vista su tutta la città, mare e monte Pellegrino compresi (bellissimo!). Abbiamo festeggiato all'aperto sotto un gazebo, prediligendo le tinte chiare, molto in tema con la bella stagione.


Un menù semplice che potesse mettere d'accordo tutti: un cocktail di benvenuto, alla frutta (per bimbi ed astemi) ed alcolico agli agrumi per tutti gli altri. Dopo il primo cin cin, abbiamo iniziato la cena, con un antipasto della tradizione sicula: panelle, crocchette, arancine, focaccine farcite, salumi, pecorini locali e la regina: la caponata di melanzane. Quindi un bel giro pizza, prediligendo i gusti classici: margherita, capricciosa, romana. Ci siamo rinfrescati con macedonia di anguria, sorbetto al limone e poi il gran finale: la torta. Ho scelto una torta in pasta di zucchero, che devo dire, con meraviglia dei presenti, oltreché bellissima era anche buona e per nulla stucchevole.




Colori in linea con gli addobbi e ripieno di una delicatissima crema di limone (onore ai sapori siciliani!). Per gli addobbi (in buona parte realizzati a mano) ho prediletto i toni pastello, misti alla sola tinta forte dell'arancio. Una bella scritta con il nome del piccolo in stoffa  imbottita azzurrina a pois e sul tavolo tulle discreti e runner traforato.


Un'altra scritta in polistirolo, al centro della tavola, ha fatto bella figura nei tanti clic della serata. Via libera a bastoncini di zucchero, confetti (immancabili quando c'è da gioire) lecca lecca e marshmallows.




Con questi ultimi ho anche realizzato delle torte molto scenografiche. Pensavo fosse un'impresa ardua ed invece, seguiti alcuni tutorial su youtube, è stato molto più facile di quanto non immaginassi (se l'ho fatto io, potete farlo tutti). Ho disposto caramelle, confetti e lecca lecca dentro boule di vetro o vasetti in stile shabby. Pezzo forte degli addobbi, una serie di creazioni ad elio, in tema con il numero 1 (quello gigante sul tavolo della "caramellata", ed altri, più piccoli, a mo' di centrotavola). Devo dire che i decori con i palloncini, se realizzati da professionisti, durano per tutta la serata (e oltre) e conciliano l'eleganza a un tocco sbarazzino. Non poteva mancare l'animatore, che ha intrattenuto, con giochi molto interattivi, la quindicina di piccoli invitati presenti. I grandi abbiamo potuto fare conversazione sui divanetti, disposti nel belvedere del locale. Gli spazi ampi e freschi penso siano stati fondamentali per la buona riuscita della festa (mentre in città si toccavano i 40 gradi, noi a Baida avevamo tutti il giubottino). I bimbi hanno gradito l'animazione, discreta ma molto coinvolgente. Raffaele era esattamente felice ed ha resistito fino all'una di notte.

Vi parlo adesso del look, che è uno dei pallini di noi mamme. Avevo da tempo deciso che l'outfit dovesse essere comodo, fresco e poco costoso. Ho trovato, in un negozietto del centro, un'adorabile camicia di lino e pantaloni (sotto ginocchio), a righe blu e rosse.

La chicca sono state le scarpe, le Coq sportif blu con inserti rossi (sfiziosissime e per nulla costose - sopra i venti euro). Da lì mio marito ha pensato di vestirsi come il figlio: camicia di lino e jeans. Idea simpaticissima, considerata anche l'estrema somiglianza tra i due. Io ho scelto un vestitino fucsia di Zara (economico, ma molto elegante). Parliamo di regali. Raffaele ha ricevuto, prevalentemente, giochi e vestiario. Tante cose belle ed in grado di sviluppare abilità psico motorie. Sul fronte fashion, bellissimi completi (uno da marinaretto ed altri in lino) ed un'adorabile serie di costumini con telo mare in coordinato.



Come bomboniera ricordo, ho realizzato delle calamite in stoffa e feltro, con il soggetto modaiolo della nuvoletta (ma anche qualche cuoricino qua e là). Ho anche realizzato, in maniera assolutamente low cost, i biglietti di invito, con cartoncino A4 di colore nero ed Uniposca multicolor.
La festa è stata per come la desideravamo e ci ha dato la consapevolezza che nulla è più bello di creare gioia intorno ai propri figli.

venerdì 21 aprile 2017

La mia mamma gregaria


Ieri avevo mal di denti. Un terribile mal di denti. Cose che capitano, avrei detto una volta. Un buon antidolorifico, una discreta permanenza a letto, quindi un salto dal dentista. Con un neonato le cose non vanno esattamente così. Perché un bambino di pochi mesi non sa cosa sia il mal di denti (menomale) e anche se lo sapesse, non gli importerebbe una mazza Un bimbo piccino vuole fondersi con la mamma a ogni risveglio. Desidera saltellarle addosso, mischiare gli aliti, regalarle il primo rigurgito della giornata. E poi giocare a perditempo, fare botta e risposta di smorfie, di ninne nanne, farsi consolare, una a una, tutte le lacrime. Ieri mattina, esausta per una nottata densa di febbre e scarsa di sonno, con mio marito che non poteva assolutamente assentarsi dal lavoro, ho pensato con prepotenza a nonna Tatà. Di lei parlo spesso, lo so. Oggi però le riconosco meriti nuovi. E' stata una mamma gregaria, ma non una come tante. Con me a Messina, mentre mia madre era a lavoro, si era installata in una città di mare (lei che aveva vissuto ogni centimetro della sua vita in un borgo di montagna). Con me a dividere il letto umido di febbre, il davanzale sul quale aspettare il ritorno di mamma, il cucinino microscopico del monolocale in affitto, le mie testate all'indietro (ero una specialista). Ed ancora le decine di Barbie comprate alla Standa di viale San Martino. Le favole raccontatemi mille volte e una di più ("ancora nonna, quella della Gatta bianca, su su, raccontamela"). Quei pomeriggi lunghissimi trascorsi sulle sue ginocchia pazienti. Il mio amore in second'ordine (perché tu nonna stai sempre con me, ma io voglio la mamma), i "battimanine" e "questo è l'occhio bello". Ed ancora la tosse, gli orecchioni, le traversate in treno, ed il morbillo, "e la puntura non la faccio", "su su, che la nonna la fa senza l'ago". Nonna Tatà, che aveva sì e no la quinta elementare, ma che mi insegnò a ripetere a memoria quelle che lei chiamava "le capitali d'Italia". Che mi disvelò, inconsapevole, il fascino e il mistero della narratività (la mia più grande passione). Che mi faceva annusare la carta dei giornali, contagiandomi un amore che forse era suo. Nonna Tatà che godeva dell'intelligenza del cuore, incorniciata dalla nuvola bianca dei suoi capelli. Non so quanti ricordi potrei raccontare di lei, mamma gregaria, ma con il talento di un Oriali. Di quella volta che avevo non so quale malattia esantematica, la febbre non scendeva, il pediatra non era reperibile eppure lei riuscì a guarirmi con uno dei suoi stratagemmi del tempo che fu. Di quando mi comprò la iris alla crema più buona che io abbia mai mangiato. Delle litigate, perché a forza di stare insieme si litiga. Di quella sicurezza che mi infondeva anche quando io non avevo (forse) più bisogno di una mamma gregaria. Eppure sapere che c'era ancora mi faceva sentire al caldo, come davanti a un caminetto scoppiettante, nella notte più fredda del mondo. Di quella volta che festeggiammo la mia laurea sul suo lettone candido. Lei, nonna Tatà, che ieri mi è mancata tanto, in quel senso di solitudine provato per un motivo tutto sommato banale. L'ho immaginata prendere in braccio il piccolino e fare a modo suo. Con quella  maniera sicura che hanno le vere mamme, che moltiplicano l'amore ed il senso del dare così, per vocazione. Come faceva nonna Tatà, che per me ha fatto tanto, ha fatto tutto. Pensandoci non me lo doveva.

Nonna Tatà mamma gregaria...mamma.