venerdì 21 aprile 2017

La mia mamma gregaria


Ieri avevo mal di denti. Un terribile mal di denti. Cose che capitano, avrei detto una volta. Un buon antidolorifico, una discreta permanenza a letto, quindi un salto dal dentista. Con un neonato le cose non vanno esattamente così. Perché un bambino di pochi mesi non sa cosa sia il mal di denti (menomale) e anche se lo sapesse, non gli importerebbe una mazza Un bimbo piccino vuole fondersi con la mamma a ogni risveglio. Desidera saltellarle addosso, mischiare gli aliti, regalarle il primo rigurgito della giornata. E poi giocare a perditempo, fare botta e risposta di smorfie, di ninne nanne, farsi consolare, una a una, tutte le lacrime. Ieri mattina, esausta per una nottata densa di febbre e scarsa di sonno, con mio marito che non poteva assolutamente assentarsi dal lavoro, ho pensato con prepotenza a nonna Tatà. Di lei parlo spesso, lo so. Oggi però le riconosco meriti nuovi. E' stata una mamma gregaria, ma non una come tante. Con me a Messina, mentre mia madre era a lavoro, si era installata in una città di mare (lei che aveva vissuto ogni centimetro della sua vita in un borgo di montagna). Con me a dividere il letto umido di febbre, il davanzale sul quale aspettare il ritorno di mamma, il cucinino microscopico del monolocale in affitto, le mie testate all'indietro (ero una specialista). Ed ancora le decine di Barbie comprate alla Standa di viale San Martino. Le favole raccontatemi mille volte e una di più ("ancora nonna, quella della Gatta bianca, su su, raccontamela"). Quei pomeriggi lunghissimi trascorsi sulle sue ginocchia pazienti. Il mio amore in second'ordine (perché tu nonna stai sempre con me, ma io voglio la mamma), i "battimanine" e "questo è l'occhio bello". Ed ancora la tosse, gli orecchioni, le traversate in treno, ed il morbillo, "e la puntura non la faccio", "su su, che la nonna la fa senza l'ago". Nonna Tatà, che aveva sì e no la quinta elementare, ma che mi insegnò a ripetere a memoria quelle che lei chiamava "le capitali d'Italia". Che mi disvelò, inconsapevole, il fascino e il mistero della narratività (la mia più grande passione). Che mi faceva annusare la carta dei giornali, contagiandomi un amore che forse era suo. Nonna Tatà che godeva dell'intelligenza del cuore, incorniciata dalla nuvola bianca dei suoi capelli. Non so quanti ricordi potrei raccontare di lei, mamma gregaria, ma con il talento di un Oriali. Di quella volta che avevo non so quale malattia esantematica, la febbre non scendeva, il pediatra non era reperibile eppure lei riuscì a guarirmi con uno dei suoi stratagemmi del tempo che fu. Di quando mi comprò la iris alla crema più buona che io abbia mai mangiato. Delle litigate, perché a forza di stare insieme si litiga. Di quella sicurezza che mi infondeva anche quando io non avevo (forse) più bisogno di una mamma gregaria. Eppure sapere che c'era ancora mi faceva sentire al caldo, come davanti a un caminetto scoppiettante, nella notte più fredda del mondo. Di quella volta che festeggiammo la mia laurea sul suo lettone candido. Lei, nonna Tatà, che ieri mi è mancata tanto, in quel senso di solitudine provato per un motivo tutto sommato banale. L'ho immaginata prendere in braccio il piccolino e fare a modo suo. Con quella  maniera sicura che hanno le vere mamme, che moltiplicano l'amore ed il senso del dare così, per vocazione. Come faceva nonna Tatà, che per me ha fatto tanto, ha fatto tutto. Pensandoci non me lo doveva.

Nonna Tatà mamma gregaria...mamma.